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gran garanzia; perché se uno non gli entrava nella mani-
ca della stima, poteva anche farsi papa, ma lui lo trattava
sempre come una pezza da piedi. E pensare che m era
riuscito tutto così facile. «Devi essere come sei!» m ave-
va detto. «Te stessa e basta!...» e io non m ero cambiata
d una virgola, per amor di Dio, neanche quando, con
tutta la fiducia che ci riponevo, mi veniva da chiedermi
come mai le andasse a pensare così strane nei miei con-
fronti; e non capitò mica una volta sola, ma tante volte,
perché quando non si faceva l amore o non si andava in
giro, lui era tutt invenzione nel darmi l aspetto che, a pa-
rere suo, io dovevo cercare di avere.
Per esempio, un giorno mi fa: «Da domani, voglio che
impari a montare a cavallo! Ci sta un maneggio mio che,
di buon ora, fa resuscitare i morti tanto l aria è sana...
Così ti diverti e ci guadagni in salute...».
Un altra gli avrebbe detto se era matto e, per esser
sinceri, non la capivo proprio la ragione per cui dovessi
farmi portare da un cavallo alzandomi quando cantava il
gallo (cosa potevo sapere che lui me lo diceva per un
certo motivo che mi sono spiegata più tardi?), eppure
non mi ostinai a tirarmi indietro. Mi ricordo che gli dissi
soltanto: «A cavallo, io? Ma no che delle bestie ho sem-
pre avuto paura!...».
«Lascia fare» insiste. «Domani lo dico al Pedrelli, che
va al mio maneggio tutte le mattine, e gratis, così t inse-
gna lui, che di queste cose se ne intende...» E allora mi
son detta eh va be , montiamo anche a cavallo, se pro-
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Alberto Bevilacqua - La califfa
prio gli fa piacere... Ne ho provate tante, proviamo an-
che questa, certo che è buffa! Eccomi là, dunque, a pro-
vare quest altra emozione, con il Pedrelli, poveretto, che
si capiva che mi avrebbe mangiata viva, se non era per
fare un piacere al Doberdò.
Lui mosso e arricciolato come un boccolo, tutto luci-
dino, far da spalla a una come me, e in quell ambiente
poi, dove lui si credeva un padreterno, e dove se la gen-
te aveva la puzza sotto il naso, non era mica soltanto per
le cacche dei cavalli sull erbetta del maneggio... Ma io,
quando più tardi, capita l antifona, mi resi conto che il
Doberdò l aveva fatto apposta, a inventare al Pedrelli
quell impiccio, cioè oltre che per mettere in mostra me,
anche per una di quelle furbizie e umiliazioni, di cui era
così capace solo lui, ci provai un gran gusto a stare al
gioco e a far vedere a certe ragazzine di primo pelo, che
si credevano grandame, ma magre magre e piallate, che
seno ci avevo io, quando montavo, e che gambe e che
portamento, perbacco!...
4.
Ma l emozione che più la rese felice, e che lei più ri-
cordava di quei mesi belli come una vacanza, la Califfa
la provò quando Doberdò che, tra le tante cariche, ave-
va quella di presidente della squadra di calcio, la fece sa-
lire sull aeroplano, una domenica. Erano lei e il pilota, e
l aeroplano le pareva uno scatolino rosso che tremava
tutto sull erba della pista; la fecero sedere, le misero nel-
le braccia un grande mazzo di fiori, dicendole che, quel
giorno, lei era la madrina della partita e toccava a lei di
gettare i fiori sul campo.
Sul nastro che legava il mazzo, ci stava il nome delle
squadre e il giorno. La Califfa ricordava quella data: un
quindici di novembre, ma con l aria ancora calda e un
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Alberto Bevilacqua - La califfa
verde, intorno, che la nebbia non aveva ancora intristito.
Si staccarono da terra con i fiori che le saltavano tra le
braccia, lei senza paura, e la terra che si agitava davanti
ai suoi occhi, verde, gialla, scura, e gran ventate sulla
faccia, come in un mulinello. Ma dopo, quando l aero-
plano si alzò, ah che sereno, che pace per la Califfa.
Lei andava in su, in su, e le sembrava di non essere
più viva, ma già chiamata da Dio, con una voglia, poi,
con uno struggimento di non tornarci mai più sulla ter-
ra, ma di continuare a salire, con il suo corpo che, leg-
giero, non aveva più pensieri né colpe.
La città, sotto, era soltanto tetti, e la Califfa cercava di
scoprire la casa della Viola e la sua casa sul torrente, ma
era inutile, e allora tornò a guardare in alto, in mezzo a
quei nuvoloni che le venivano incontro e le uscì un «Dio,
ti ringrazio» per la felicità che provava, e poi subito la
paura di com era grande il mondo e lei piccola, e poi la
pigrizia di starsene lì, stringendo i suoi fiori, con meno ri-
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